Delucidazione dei versi
Biblici sui quali è basata la dottrina della Predestinazione Assoluta
Fin qui abbiamo analizzato i
vari temi riguardanti la predestinazione. Ora esamineremo di nuovo i versi, nei
quali la Bibbia sembrerebbe suggerire che l'esito di qualsiasi attività sia
determinato della predestinazione assoluta di Dio, per delucidarne il
significato. Cominciamo dal versetto seguente:
“Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ... quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati” - Rm. 8:29-30
Dio, che è onnisciente, sa
discernere chi ha le qualifiche necessarie per diventare una figura centrale
nella provvidenza di restaurazione. Dio predestina l'uomo che riconosce idoneo,
e poi lo chiama a realizzare lo scopo della provvidenza. Chiamare l'uomo è la
responsabilità di Dio, e ciò soltanto non basta a giustificare l'uomo davanti a
Lui. Solo quando l'uomo completa la propria responsabilità, dopo essere stato
chiamato da Dio, è giustificato e glorificato. La predestinazione, da parte di
Dio, della glorificazione di un uomo dipende perciò dal compimento della parte
di responsabilità di questi. Poiché il versetto biblico non parla della parte
di responsabilità dell'uomo, il lettore può fraintendere e pensare che tutto
sia determinato esclusivamente dalla predestinazione assoluta di Dio.
È scritto:
“Io avrò mercé di chi avrò mercé, e avrò compassione di chi avrò compassione. Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia” - Rm. 9:15-16
Com'è stato già spiegato,
Dio conosce e sceglie chi è più adatto a compiere lo scopo della provvidenza di
restaurazione. Scegliere un uomo e avere pietà o compassione di lui è un
diritto di Dio, e non dipende affatto dalla volontà o dagli sforzi dell'uomo.
Questo versetto è stato scritto per sottolineare il potere e la grazia di Dio.
San Paolo scrisse anche:
“Il vasaio non ha egli potestà sull'argilla, da trarre dalla stessa massa un vaso per uso nobile, e un altro per uso ignobile?” - Rm. 9:21
Abbiamo spiegato che Dio
diede all'uomo una parte di responsabilità, come condizione in base alla quale
poterlo amare al di sopra d'ogni altra creatura. Nel dargli tale condizione,
Dio intendeva renderlo degno di essere il signore della creazione ed ereditare
la Sua natura creativa, ma l'uomo infranse quella condizione e cadde. Diventato
come un rifiuto da buttar via, l'uomo caduto non ha motivo di lamentarsi,
comunque Dio lo tratti. Questo è l'insegnamento del versetto.
È scritto che Dio amò
Giacobbe e odiò Esaù quand'erano ancora nel grembo della madre e non avevano
fatto nulla di buono o di cattivo. Dio predilesse l'uno e avversò l'altro e
disse a Rebecca:
“Il maggiore servirà al minore” - Rm. 9:10-13
Quale fu il motivo di questo
favoritismo? Dio volle stabilire un certo corso nella provvidenza di
restaurazione. Rinviando al prosieguo per maggiori dettagli, possiamo qui
anticipare che Dio diede a Isacco due gemelli, Esaù e Giacobbe, con lo scopo di
metterli nella posizione di Caino e Abele. Essi dovevano stabilire le
condizioni d'indennizzo necessarie per compiere la Volontà di Dio, riscattando
la primogenitura che era andata perduta, nella famiglia di Adamo, quando Caino
aveva ucciso Abele: Dio intendeva realizzare la Sua Volontà facendo in modo che
Giacobbe (nella posizione di Abele) prevalesse sul fratello maggiore Esaù
(nella posizione di Caino). Dio "odiava" Esaù perché era nella
posizione di Caino, mentre Giacobbe poteva ricevere l'amore di Dio perché era
nella posizione di Abele.
Nonostante ciò, alla fine
Dio li avrebbe favoriti o avversati a seconda che avessero completato o meno la
parte di responsabilità loro affidata. In effetti, Esaù si sottomise
obbedientemente a Giacobbe, si liberò così dalla condizione di essere odiato da
Dio, e poté ricevere la benedizione del Suo amore allo stesso modo di Giacobbe.
D'altra parte, anche Giacobbe, che inizialmente era nella posizione di ricevere
la benevolenza di Dio, l'avrebbe perduta se avesse fallito nella sua
responsabilità.
Personaggi come Giovanni
Calvino hanno sostenuto la dottrina della predestinazione completa e assoluta -
e tale dottrina è ampiamente seguita ancor oggi - perché hanno erroneamente
creduto che la realizzazione della Volontà di Dio dipenda esclusivamente dal
potere e dall'opera di Dio, ed hanno ignorato la vera relazione tra la parte di
responsabilità di Dio e quella dell'uomo, nel compimento dello scopo della
provvidenza di restaurazione.
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