giovedì 20 novembre 2014

Il Periodo dell'Esilio e del Ritorno d'Israele e dei Papi

Il Periodo dell'Esilio e del Ritorno d'Israele e il Periodo dell'Esilio e del Ritorno dei Papi
Il popolo d'Israele, che perse la fede e non si pentì, non riuscì a realizzare l'ideale della nazione di Dio fondata sul Tempio. Così, prima di ritentare di realizzare la Sua Volontà, Dio fece sì che il popolo patisse le difficoltà dell'esilio a Babilonia. La stessa situazione s'era già presentata quando Dio aveva lasciato gli Israeliti soffrire come schiavi in Egitto, per restaurare tramite indennizzo l'errore di Abramo nell'offerta simbolica.
Nel periodo dell'impero cristiano, Dio lavorò attraverso il papa e l'imperatore per stabilire un regno preparato per Cristo al Secondo Avvento. Nelle intenzioni di Dio, essi avrebbero infine consegnato l'impero e il trono al Messia, che sarebbe venuto come Re dei Re per costruire il regno di Dio (Is. 9:5; Lc. 1:33) su quella fondazione. Tuttavia, imperatori e papi divennero corrotti e non si pentirono. I papi non stabilirono la fondazione spirituale sulla quale gli imperatori dovevano porsi come figure centrali per la fondazione di sostanza e perciò la fondazione per il Secondo Avvento di Cristo non fu stabilita. Per restaurare questa fondazione e iniziare una nuova provvidenza, Dio lasciò che i papi fossero condotti in esilio e sperimentassero la cattività.
Nel precedente periodo parallelo, trascorsero circa 70 anni dall'epoca in cui il re di Babilonia Nabucodonosor prese prigionieri il re Joiakin e la famiglia reale, insieme con i profeti Daniele ed Ezechiele, i preti, i dirigenti, gli artigiani e molti altri Israeliti, fino alla caduta di Babilonia e alla liberazione degli Ebrei per decreto del re Ciro (2 Re 24; 25; 2 Cr. 36; Ger. 29:10; 39:1-10). Ci vollero poi altri 140 anni perché gli esuli tornassero in patria, in tre gruppi successivi, si ricostituissero effettivamente come nazione unita, basata sulla Volontà di Dio proclamata nelle profezie messianiche di Malachia, e da quel momento cominciassero a prepararsi per la venuta del Messia. Nel periodo dell'esilio e del ritorno dei papi, che doveva restaurare quel periodo tramite indennizzo, sotto forma di parallelismo sostanziale, la Cristianità occidentale dovette attraversare un corso analogo.
I papi e il clero, sprofondati nell'immoralità, persero gradualmente la fiducia del popolo. L'autorità papale fu ulteriormente minata dalle ripetute disfatte dei Crociati. Con la fine delle Crociate l'Europa vide il graduale cedimento del sistema feudale e il sorgere dei moderni stati nazionali. Con la crescita del potere delle monarchie secolari, il conflitto tra papi e re s'inasprì. In una di queste fasi di conflitto, il re di Francia Filippo IV il Bello imprigionò per qualche tempo il papa Bonifacio VIII. Nel 1309 Filippo costrinse il papa Clemente V a trasferire il papato da Roma ad Avignone, nel sud della Francia. Per 70 anni i successivi papi vissero soggetti ai re di Francia, finché nel 1377 il papa Gregorio XI riportò la residenza papale a Roma.
Dopo la morte di Gregorio, i cardinali elessero un Italiano, l'arcivescovo di Bari, come papa Urbano VI. Tuttavia alcuni cardinali, prevalentemente francesi, lo contestarono, elessero un altro papa, Clemente VII, e stabilirono un papato rivale ad Avignone. Il Grande Scisma continuò nel secolo successivo. Per uscire dalla situazione di stallo, i cardinali di entrambe le fazioni tennero un concilio in Italia, a Pisa, nel 1409, che depose sia il papa di Roma che quello di Avignone e nominò Alessandro V come papa legittimo. Gli altri due papi, però, rifiutarono di dimettersi, dando luogo per qualche tempo allo spettacolo di tre papi in lotta. Poco dopo, cardinali, vescovi, teologi, re e loro inviati si riunirono nel concilio generale di Costanza (1414-1417). Tutti e tre i papi vennero deposti e, con l'elezione di Martino V come nuovo papa, si pose efficacemente fine al Grande Scisma.
Il concilio di Costanza affermò che i concili generali della chiesa avrebbero avuto autorità suprema, superiore a quella del papa, e il potere di eleggere o rimuovere quest'ultimo, e stabilì che a intervalli regolari sarebbero stati convocati successivi concili. In questo modo, si cercò di riorganizzare la chiesa romana come una monarchia costituzionale. Tuttavia, nel 1431, quando i delegati si incontrarono per il successivo concilio a Basilea, in Svizzera, il papa cercò di rinviare la riunione. I delegati rifiutarono di andarsene e proseguirono in assenza del papa, ma senza risultato: nel 1449, si dispersero. Il progetto di istituire una monarchia costituzionale nella chiesa romana finì nel nulla e il papato riguadagnò l'autorità che aveva perduto nel 1309.
Gli ispiratori del movimento conciliare del quindicesimo secolo avevano cercato di riformare il papato corrotto insediando un consiglio rappresentativo di vescovi e laici e conferendogli autorità suprema. Ciononostante, il papato finì per riaffermare la sua piena autorità, quale non aveva goduto se non prima dell'esilio. Inoltre, i concili condannarono le riforme più incisive, come quelle promosse da John Wycliffe (1330-1384) e Jan Hus (1373-1415), il quale ultimo fu personalmente invitato a presenziare al concilio di Costanza solo per essere bruciato sul rogo. A quel punto, fu tratto il dado per l'inizio della Riforma Protestante.
Questo periodo di circa 210 anni iniziò nel 1309, con i 70 anni di esilio del papato ad Avignone, e attraverso il Grande Scisma, il movimento conciliare e la restaurazione dell'autorità papale nella chiesa romana, giunse fino all'introduzione della Riforma Protestante, da parte di Martin Lutero, nel 1517. Il suo scopo fu quello di restaurare tramite indennizzo, sotto forma di parallelismo sostanziale, il periodo di 210 anni dell'esilio e del ritorno d'Israele - dai 70 anni dell'esilio a Babilonia, attraverso le fasi del ritorno in Israele e della ricostruzione del Tempio, fino alla riforma della politica e della religione sotto la direzione di Esdra, Nehemia e del profeta Malachia.

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